I dadi tra azzardo, Einstein e Giulio Cesare

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I dadi come sinonimo di caso, di destino e di “vediamo che succede”

Una breve digressione sui dadi e il loro significato, tra frasi celebri corrette, di Einstein, e frasi celebri forse sbagliate, di Giulio Cesare (tramite Svetonio)

il Bagatto o Mago dei Tarocchi di Marsiglia

I dadi sono spesso associati al rischio e questo significato è contenuto anche nella etimologia della parola stessa: la parola azzardo deriva infatti dall’arabo az-zahr, ovvero “gioco dei dadi”.

Nella simbologia i dadi vengono usati con il significato di provvidenza, caso, fortuna o sfortuna: spesso anche a simboleggiare il fato imposto dal divino. Quindi sono espressione della casualità, ma una casualità affatto casuale, anzi guidata da Dio.

A confermare questo tre dadi sono presenti nel primo arcano dei Tarocchi di Marsiglia, il Bagatto o Mago: i dadi rappresentano il caso, ma sono gialli per mostrare che l’intelligenza divina interviene sempre e che il caso non esiste.

La somma delle facce opposte dei dati è sempre 7 e la somma dei numeri è 21 che ha un significato simbolico di realizzazione e compiutezza.

Einstein e i dadi

Ad usare i dadi per significare “il caso” è anche Einstein nella frase rimasta famosa “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Lo scienziato si trova a fare i conti con il crollo della fisica newtoniana davanti alla meccanica quantistica e alla velocità della luce come limite massimo raggiungibile. Il fisico tedesco Max Born scrive in una sua lettera ad Einstein che il nuovo punto di vista imponeva di pensare ad una prevedibilità puramente statistica degli eventi.

Einstein gli risponde con la sua celebre frase a voler dire che il mondo secondo lui è invece regolato da leggi che non sono assimilabili ad un lancio di dadi, ma che rispettano la regola di causa-effetto.

Giulio Cesare e i dadi sul Rubicone

La duplicità del significato legato ai dadi è racchiuso nell’ambigua etimologia della frase “Il dado è tratto”. La frase viene attribuita a Cesare da Svetonio nel suo De vita Caesarum. La frase fu pronunciata all’atto di varcare il fiume Rubicone con le sue legioni al ritorno dalla vittorie ottenute in gallia, nonostante l’ordine del senato di rientrare da privato cittadino, sciogliendo prima il suo esercito.

La frase latina è solitamente individuata nella celebre forma Alea iacta est, che può essere tradotta in il dado è tratto con il senso di la decisione è presa. Pare invece che la versione corretta originale sia Alea iacta esto con il senso di sia lanciato il dado, ovvero racchiudendo il senso di tutta l’indeterminazione di ciò che accadrà passato il fiume e violato l’ordine del Senato di Roma.

I dadi oggi

Oggi i dati hanno assunto mille forme e colori: basta fare una veloce ricerca su Amanzon per trovare dadi come questi 🙂


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