La Santa Inquisizione a Narni: una storia di Bigamia

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Domenico Ciabocchi: da orfano a bigamo e omicida

Questa storia ha tutti gli ingredienti per essere la trama del prossimo libro di Dan Brown: stanze dimenticate nel sottosuolo di una chiesa, processi del Santo Uffizio, una cella con simboli massonici e una ricerca di documenti perduti nel tempo.

Nel 1979 un gruppo di speleologi scopre per caso sotto il complesso conventuale di San Domenica a Narni l’ingresso ad una chiesa del XII secolo e ad altri ambienti di cui si era persa memoria nel tempo e che si rivelano essere stata la sede di un tribunale del Santo Uffizio: istituto che nel medioevo era noto con il nome di Santa Inquisizione.

Tante sono le storie che sono passate per questo tribunale e due sono quelle più celebri che sono emerse negli studi fatti sulla documentazione rinvenuta. La prima parla di un caso di bigamia di tale Domenico Ciabocchi, di cui parliamo in questo post; la seconda di un prigioniero che ha lasciato nella cella del tribunale una sua testimonianza con dei graffiti sulle pareti: Giuseppe Andrea Lombardini, che vedremo in un prossimo articolo.

Quando si scoprono queste sale di cui non si conosce lo scopo, la prima ricerca che viene fatta è nell’archivio comunale dove alla data del 17 aprile del 1726 si trova sono un riferimento di due righe alla fuga di tale Domenico Ciabocchi, rinchiuso per bigamia. Questa è l’unica traccia rinvenuta, nonostante gli archivi domenicani siano poi confluiti in quello comunale, ma gli unici atti processuali che si trovano sono quelli che sono quelli effettuati davanti al vescovo.

Nel 18esimo secolo Narni passa sotto la gestione della Congregazione di San Marco di Firenze e nel loro archivio storico si trova la documentazione di un restauro della chiesa di San Domenico a Narni e della relativa sede del Tribunale della Santa Inquisizione. Grazie a questo documento si certifica quindi che non solo a Narni era presente una sede della santa inquisizione, ma che con tutta probabilità le stanze rinvenute sotto San Domenico sono proprio quelle di cui si parla nel restauro.

I saccheggi Napoleonici

Buona parte della documentazione esistente a Narni sull’argomento è stata saccheggiata dalle truppe napoleoniche e portata verso Parigi. Donò, che si occupava del trasporto per conto di Napoleone, riporta infatti che si era fatta particolare attenzione a prendere tutti quei testi che facevano riferimento ai processi del Santo Uffizio.

Dopo la caduta di Napoleone, la Santa Sede provò a recuperare questi documenti, facendo però una selezione del materiale da riportare in patria, visti gli alti costi di trasporto: le carte burocratiche processuali vennero ritenute di scarsa rilevanza e vennero vendute alla salumeria parigine per incartare carne e pesce. Successivamente si ritenne più prudente vendere il tutto a dei produttori di carta, accertandosi della triturazione del materiale. I processi del Santo Uffizio erano infatti differenti rispetto a quelli “classici” e su di essi vigeva il segreto confessionale. La chiesa era tenuta quindi a tutelarne la segretezza.

Alcuni di questi atti però sfuggono alla macerazione e passando per alcune famiglie nobili francesi, arrivano infine al Trinity College di Dublino nel 1854. L’unico processo completo esistente ad oggi e conservato a Dublino è proprio quello del bigamo Domenico Ciabocchi, di cui si faceva accenno nell’archivio comunale di Narni: il fascicolo comprende tutto il processo, dall’accusa alla sentenza e abiura.

La storia del bigamo

Domenico Ciabocchi ( o Sciabocco ) nasce attorno al 1675 nell’Ospedale della Carità di Todi da genitori che non vogliono riconoscerlo. Viene quindi dato in affidamento a dei contadini che se ne fanno carico in cambio di una indennità. Passa quindi la sua infanzia a fare l’animale da tiro nei campi finché non ha un’età sufficiente per andarsene. Nel 1705 si sposa in prime nozze con tale Maria Giulia Laurenzi con cui avrà quattro figli.

Dalle deposizioni rinvenute nel processo risulta che Domenico scappò dal suo primo matrimonio e dai suoi figli perché la moglie aveva la pessima abitudine di bastonarlo.

Fugge quindi dopo 9 anni a Narni dove conosce la vedova Elisabetta Natili che di lavoro fa la mercante e con la quale si sposta il 6 settembre del 1723 corrompendo con ceste di frutta  due testimoni che giurano sul suo stato di libertà coniugale.

Il processo

Come è potuta la Santa Inquisizione venire a conoscenza del peccato di bigamia? Bisogna entrare nel clima dell’epoca.

Per i credenti la confessione era obbligatoria almeno una volta l’anno, per Pasqua, e i confessori avevano l’obbligo di chiedere al confessato se fosse a conoscenza di eresie. Se il penitente dichiarava di esserne a conoscenza, la confessione veniva interrotta e si rimandava al tribunale del Santo Uffizio per una comparsa spontanea, che poi spontanea non era in quanto se il soggetto non si presentava, non poteva concludere la sua confessione e quindi non poteva essere assolto dai peccati. Rischiava inoltre una scomunica che all’epoca significava danni sociali enormi.

Attraverso una di queste libere comparse il tribunale della Santa Inquisizione comincia ad indagare sullo Sciabocco e il suo reato di bigamia. Conclusasi l’indagine, Domenico viene incarcerato senza fargli conoscere l’imputazione. Dopo un certo periodo di reclusione, l’imputato viene interrogato e gli viene chiesto se immagina la motivazione del suo imprigionamento.

Negare, in questo frangente, non è una buona idea, perché si diviene Eretici Negativi: ovvero coloro che, oltre ad aver peccato, negano anche la loro condizione di peccatori.

Gli viene quindi fatto un elenco di eresie e gli si chiede se per caso non si riconosca in qualcuna di esse. Viene ovviamente citata la poligamia, che però non è sempre stata una eresia: lo diventa quando, a metà del ‘500, delle correnti radicali della riforma protestante rendono lecita la poligamia per aderenza a quanto indicato nel vecchio testamento. Per tutta risposta la chiesa di Roma rendere eretico questo comportamento in modo da poter tracciare un solco ancora più netto con i luterani.

Lo Sciabocco confessa e ribadisce la sua devozione cristiana. Rinuncia alla difesa, che era si concessa, ma che veniva vista con un atto di sfiducia verso l’Inquisizione; nel 28 marzo 1726 viene condannato e se la cava con 3 anni di galera, nel senso di 3 anni di servizio ai remi delle galere pontificie.

Dopo neanche un mese, il 17 aprile del 1726, mentre è detenuto nella cella del tribunale, evade strangolando il vivandiere e gli rubandogli le chiavi.

Fugge a L’Aquila, allora Regno di Napoli, fuori dalla giurisdizione dell’inquisizione romana. Dal suo esilio, scrive alla sua seconda moglie per un incontro al confine presso la dogana del “Salto del Cieco”, ma il messaggio viene intercettato dall’Inquisizione che si presenta al posto della moglie all’appuntamento e lo cattura nuovamente.

Ora è colpevole, oltre che di bigamia, anche di assassinio ed a giudicarlo sarà sempre il tribunale dell’Inquisizione e questo, paradossalmente, gli salverà la vita. In un tribunale normale infatti, la pena sarebbe stata la condanna a morte, ma il Santo Uffizio è interessato più ad indagare l’animo dell’imputato. Sciabocco si difende dicendo che l’atto non è stato premeditato e che è stato il diavolo ad imporgli quella violenza. Questa difesa lo salva dal patibolo e lo condanna “solo” alla galera perpetua, che nell’uso pratico fatto all’epoca del termine però non durava mai più di 5 anni perché nel frattempo arrivava il perdono papale.

Dopo di questo tribunale non si hanno altre notizie di Domenico Ciabocchi.

Associazione Narni Sotterranea

L’associazione Narni Sotterranea si occupa della conservazione e restauro del luogo e organizza le visite guidate a cui vi conosiglio vivamente di partecipare perché rappresentano una esperienza unica nel suo genere.

Per avere maggior informazioni potete viistare il loro sito oppure il loro canale youtube

Narnia

Nel caso ve lo stesse chiedendo, si, Narni originariamente si chiamava Narnia e l’autore de Le Cronache di Narnia, C. S. Lewis si è ispirato al nome antico della città per il suo libro.


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